Abbiamo fatto chiedere ai ragazzi del Rione Sanità, non perché ne sapessero qualcosa, ma perché pure se non sono stati loro ne parlano, vanno nfreva che non ci sono riusciti mai a fare una cosa simile.
Quelli dei Quartieri Spagnoli mi hanno detto subito no, non ci mettete in mezzo a noi. Restavano i ragazzi di piazza Mercato, qualcuno del Pallonetto di Santa Lucia.
Ma perché avrebbero dovuto? Fa caldo e alle cinque del mattino trovi mai un ragazzo sveglio? Suonava male e infatti non era andata così.
È andata che ad appicciare sana sana la “Venere degli Stracci”, capolavoro d’arte concettuale risalente al 1967 (ce ne sono varie copie), cumulo gigante di panni ammassati con alle spalle la riproduzione di una Venere (ma di plastica) è stato un senza fissa dimora napoletano poco più che trentenne.
Uno che di stracci vive, li ha fatti perire.
Ha fatto una lampa di fuoco, ha vendicato tutti i Cippi di Sant’Antonio non fatti, tutte le barricate per l’emergenza rifiuti, gli sfratti, i noglobal che proprio in piazza Municipio nel 2001 presero tante mazzate e qualche mese dopo ci sarebbe stata Genova.
Ne presi pure io quella volta, stavo accompagnando un ragazzo scommato di sangue vicino a polizia o carabinieri o finanzieri. Era Ciro - come me si chiamava - e sentivo i calci in culo precisi come un cronometro, uno ogni tre secondi, di un poliziotto, un carabiniere o un finanziere, non mi sono mai girato. Avevo una scritta enorme, PRESS, sul petto.
Un funzionario della Digos che conoscevo mi fece largo togliendomi dall’inferno (e dai calci nel culo) e un collega mi tirò quando un sampietrino si infranse sulla vetrata di Adecco anziché sulla mia tempia.
Ora Adecco non c’è più: c’è un ristorante. Non c’è più bisogno dell’agenzia, c’è la gentrificazione, ci sono i turisti. Mi pare perfetto
Io qui lo posso dire, non è come il giornale dove non puoi scrivere tutto. Lo posso dire che ho provato un sottile piacere, come quando raccontano la verità a un bambino che dovrà pur crescere e farsi largo tra la merda del mondo senza un castello di bugie.
Quando ho visto la Venere appicciata ho pensato che finalmente qualcosa si rompeva in questo perfetto pacchetto di cellophane che è Napoli da qualche tempo, questo gadget, questo gentile omaggio, questo splendido cadeaux ad uso e consumo di turisti, scrittori e sceneggiatori di film e serie tv.
La rabbia subterranea, la contraddizione mai sanata, la ferita malamente incerottata.
È la Napoli di oggi.
Ti sei chiestə perché la Venere di Pistoletto l’hanno appicciata così facilmente, mentre se ti avvicini ad uno qualsiasi dei murale di Maradona fai la fine dell’agnello sotto Pasqua?
Prendi il murale ai Quartieri.
Non è solo questione di fede calcistica, di orgoglio territoriale: ha funzione non solo di bellezza, non solo emozionale , ma anche e soprattutto economica: mantiene le famiglie che intorno a quell’indotto prosperano (ne ho parlato qualche settimana fa in questa newsletter, la storia della Sposa…).
Pistoletto si è lamentato un po’ , in realtà dovrebbe essere felice. La sua opera concettuale ha avuto la migliore performance possibile. Prima era famosa, ora è celebre. La cosa più divertente è stata leggere chi si lamentava della città che non cambierà, la città invivibile.
Tempo cinque ore e la Polizia ha fermato questo clochard. E tutte queste analisi socio-antropologiche sono finite nel cestino di una giornata troppo calda per ragionare.
Qualcuno ha posto fiori e bigliettini sulla carcassa dell’opera di stracci, sinceramente dispiacutə per quanto accaduto e per il “buon nome” di Napoli.
Ultimo appunto: il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi si è recato sul posto (praticamente sotto il suo Municipio) e ha risposto a domande e si è prestato alle immancabili foto. Guardate, non è scontato che un sindaco si faccia associare a vicende negative e ci metta la faccia. Il suo predecessore, Luigi De Magistris, per scelta non si faceva mai vedere dove c’erano grane.
Giovanni e la libreria
Dopo lunghi lavori di restyling ha riaperto la libreria Feltrinelli “buona” di Napoli. La chiamano così perché quella di via Toledo (ponte di Tappia) è piccola e perché quella della stazione centrale sta appunto alla stazione e quella dell’aeroporto ci perdi solo tempo in attesa dei controlli. Quella di Chiaia è la buona. E non ha più il bar. Ha dovuto cedere un piano sotterraneo perché ci faranno un garage.
Ricordo anni fa questo signore, Giovanni, senza una dimora fissa, una vita bruciata ma dignitoso nell’aspetto, nei modi, nel vestiario, aveva perfino un vecchio telefono cellulare attivo. Passava le sue giornate nella Feltrinelli buona; sedeva ogni tanto al bar o su qualche divanetto, leggeva (o sfogliava) qualche libro e partecipava a tutte le presentazioni di nuovi tomi.
Ricordo che facemmo qualche articolo per documentare la sua vita, voleva mi pare un sussidio, un supporto. Era incazzato ma di una rabbia rassegnata, non a voce alta. E dava sempre appuntamento in Feltrinelli.
Ora il bar non c’è, ci sono più scaffali di English Fiction per i turisti e c’è pure uno scaffale coi suggerimenti dei ragazzi che leggono su TikTok.
Giovanni non l’ho visto più.
Una vita postdatata, 1995.
Non so se conoscete questo libro di Peppe Lanzetta. Il sottotitolo è: «Ventidue racconti su una Napoli surreale e disperata». Penso sia uno dei testi più potenti mai usciti dalla periferia di questa città.
….acqua azzurra acqua chiara acqua nera acqua merda acqua appantanata acqua di sperma acqua lota acqua scivolo acqua dei Caraibi acqua della Madonna che in un solo colpo dovrebbe fulminarvi per tutti i patimenti che avete inflitto alla gente di Ponticelli Barra S. Giovanni Piscinola Marianella Chiaiano Pianura, per anni gli avete lasciato bere il veleno e questo stesso veleno vorrei che vi fosse vomitato addosso, signori del Palazzo, signori traffichini, signori Imbroglioni, signori Baroni…
Ho pensato a questo brano qualche giorno fa, quando ho visto che il mare di Napoli diventava verde pisello.
Chissà perché quando il mare ha colori strani tutti pensano solo ai depuratori. E invece ci sono tantissimi fattori che influenzano l’equilibrio delle acque. Il primo oggi è ovviamente il caldo. E infatti il mare è verde a causa di una anomala fioritura microalgale.
Mi sono fatto mandare le analisi dell’Agenzia Ambientale della Campania:
Nel corso degli ulteriori sopralluoghi svolti ieri lungo il litorale di Napoli, l’acqua di mare si presentava nettamente stratificata con in particolare i primi 5/7 metri caratterizzati da colorazione verde, da alte temperature (28.5 – 29.58°C), da una salinità di circa 36 grammi/litro, anomala per la stagione che di norma registra sempre salinità di 38 grammi/litro, da alta torbidità e da una concentrazione di clorofilla ‘a’ tra 2 e 3.5 microgrammi/litro, che induce ad una sovrasaturazione di ossigeno.
Tali caratteristiche confermano ulteriormente le indicazioni espresse nei precedenti comunicati, circa l’origine del fenomeno da collegare alle particolari condizioni meteo-marine in atto.
La prima monnezza
L’ho trovato per caso sul mio vecchio blog. Queste sono le immagini (è una Gif) che documentano il primo sversamento di rifiuti nella prima cava di Chiaiano, Napoli, usata come discarica per i rifiuti nel 2009, anni di piena emergenza.
La cava si riempì in niente e poi se ne riempirono altre. Guardai in diretta questa cosa, erano quasi le 4 del mattino.
Non so quando smetto per andare in vacanza, voglio capire come si regolano i gestori delle tante newsletter che leggo. Però intanto se volete condividerla o suggerirla ad altri o se volete scrivermi sto qua.
Mo' mi rileggo Peppe Lanzetta, va
Ciao, leggendo ho realizzato che ancora non capisco come andrebbe raccontata Napoli. Ogni narrazione (la Napoli di Gomorra, la Napoli di Netflix, la Napoli vintage di Troisi e Pino Daniele...) mi sembra infedele. Un'opera d'arte che va a fuoco ad opera di un senza dimora sì, potrebbe essere una rappresentazione involontaria e sincera. Una volta tanto.
Buon lavoro, Jess