Il 2 giugno è un giorno molto particolare per me, sono contento che esca oggi la newsletter. Volevo dirvi una cosa: se avete idee, suggerimenti o segnalazioni scrivetemi.
Nel frattempo se pensate che a qualcuno possa interessare fatelo iscrivere o girategli direttamente questa email.
La Sposa non è il capitolo di un film di Quentin Tarantino pure se è altresì vero anche da noi «che l’eroina sta rimontando in maniera pazzesca» e che Napoli è «pronta a sfidare la robaccia di Amsterdam in un giorno qualunque della settimana» (la citazione…se la conosci ti voglio bene)
La Sposa di cui parlo è la piazza di spaccio più importante del centro di Napoli: è ai Quartieri Spagnoli, formerly known as vico Canale a Taverna Penta.
Se hai buttato il sangue appresso a Giacomo Leopardi sai che il nome del vicolo ha origine dalla Taverna Penta - una delle preferite del Poeta e di Ranieri - che ai Quartieri si faceva concorrenza con la Taverna del Cerriglio del Porto e in entrambe c’era gente di munnezza.
Al Porto qualche annetto prima ci trovavi pure Caravaggio che amava un po’ il pericolo come certi turisti che vengono qui e vogliono il brividino.
Il vicolo della Sposa guardalo su Google Maps, poi mi dici: sono sicuro che tra ‘Gomorra’ e ‘Mare Fuori’ sei laureatə in Camorrologia e sai perfino riconoscere qualcosa che sembra una suppellettile messa per bloccare eventuali intrusi o qualcuno che sembra star lì per controllare chi passa, ad ogni ora di giorno e notte.
I pentiti di camorra ci dicono che la piazza di spaccio della Sposa si chiama così perché la gestiva la moglie di un capo-piazza e prima ancora una sua discendente, evidentemente moglie di un altro.
La camorra nel corso degli anni ha sempre cercato pezze giustificative, «alibi morali» per campare in mezzo ai vicoli farsi rispettare come «sistema che ti aiuta a campare».
Da quando giro per i vicoli la storia della Sposa che ho sentito dire è questa: la piazza di spaccio nacque perché una donna rimasta senza marito (abbandonata, ucciso ingiustamente, ci sono varie opzioni) ma coi figli da sfamare si «diede da fare» vendendo «’o ppoco ‘e fummo».
Commovente, no? Ci si potrebbe fare una serie tipo “L’erba di Grace”.
Solo che quella è la storiella autoassolutoria dietro la quale c’è un mondo gigantesco ancora tutto da indagare.
Oddio dimenticavo: io sto parlando della piazza di spaccio perché qualche giorno fa l’hanno smantellata (è successo svariate volte negli anni) : arresti, intercettazioni, tanto lavoro per i cronisti napoletani.
Tutto sommato qualcosa di “normale” se non fosse per un elemento.
Oggi i Quartieri Spagnoli sono l’area cittadina sotto il più potente processo di gentrificazione e rimescolamento di funzioni.
E una di quelle che fa girare più soldi nel turismo.
Dove c’erano case studenti e vasci, (i bassi, i terranei) ci sono B&b e baretti. C’è il murale di Maradona, c’è un casino di cose da fare e vedere in zona, tante attività commerciali hanno aperto o stanno avendo successo, tanta gente che ai QS ci vive è arrabbiata perché non ci si può campare più tanto è il frastuono ad ogni ora del giorno e della notte, un luna park h24 ad uso e consumo di turisti e di chiunque decida di prendere uno spritz a buon mercato, mangiare qualcosa, fare le foto ai vicoli che un tempo erano inaccessibili per paura e ora invece non lo sono più.
Facciamo un gioco di pura immaginazione, tanto siamo io e te qui, in questa newsletter.
Il giro d’affari della piazza di spaccio della Sposa ai Quartieri nel 2008, 15 anni fa, era 12mila euro al mese. Oggi se vogliamo andare per difetto diremmo che è almeno 20-25mila.
Secondo te che sei guaglion scetat visto che stai qua, «i guadagni proventi dell’attività di spaccio» (così li chiamano in Procura) dove e come sono stati reinvestiti?
Aspe, prima di rispondere. Chiudi gli occhi, immaginati con un sacco di soldi da spendere qui e ora e di vivere ai Quartieri Spagnoli. Che faresti?
Esatto.
Ah ah aspe’: questo video divenne virale. Addirittura al signore in questione è stato dedicato un murale ai Quartieri.
Ora lui è in carcere, considerato il gestore della piazza di spaccio. Che fatto, eh?
Seduta con gelsomini
Ci sono cose che puoi fare per poco tempo a Napoli. Come andare a sederti nei giardini di via Ruoppolo al Vomero su questa panchina e sentire l’odore dei fiori che ti stordisce tanto è bello.
Questo non è il gelsomino, si chiama falso gelsomino. Per scrivere ho cercato il nome giusto pensando: dai, evitiamo “falso” altrimenti la gente fa la battuta «ah, ah a Napoli pure il gelsomino falsificano!».
Sono andato a cercare la definizione e si chiama RINCOSPERMO.
Ok, meglio falso gelsomino.
Quattro foto da capire
Queste quattro fotografie hanno qualcosa (forse) in comune. Con un poco di sforzo, Cardone, non abbiate soggezione (se hai capito la citazione ti voglio bene) secondo voi che rappresentano?
La soluzione c’è….
Allergico alle fragole
Avendolo ripescato dopo uno scambio con Ester Viola sul prezzo dei panzerotti (o panzarotti, vedete voi) a Milano, vi lascio qui questa specie di “We are the World” napoletano sulle note del maestro Ernesto A Foria.
Se non lo conoscete è un peccato, dovete conoscerlo.
LA SOLUZIONE!
Napul’è mille culure; Quanno chiove; Un deserto di parole; Non calpestare i fiori nel deserto.
Sono canzoni di Pino Daniele rese immagini attraverso l’intelligenza artificiale di Midjourney.
Cia’ guagliù, facciamo un blues e ce ne andiamo…
sempre più interessante e arguto il ragionamento di Ciro, il pellegrino delle virtù e delle miserie di Napoli