Un po' della Napoli di oggi, se hai tempo per leggerla
C'è perfino spazio per un po' di Claudio Baglioni.
Un paraustiello
Ho passato la gran parte della settimana a non credere alle cose che ascoltavo e vedevo e a credere solo alle cose che pensavo e immaginavo.
Penso sia questo l’effetto collaterale del massiccio uso degli strumenti di intelligenza artificiale. Questa settimana su Whatsapp - che usiamo quasi tutti - è comparso Meta AI, il modello allenato (anche) con milioni di libri piratati.
Invece OpenAI - ovvero ChatGPT - ha dato una potente botta al suo motore di generazione immagini. Per due giorni abbiamo avuto i social invasi da immagini autoprodotte nello stile dello studio di animazione Ghibli di Miyazaki, uno dei più geniali autori giapponesi.
Questa cosa oggi più che mai investe tutti, perfino una piccola newsletter che parla di Napoli, scritta da un giornalista. Mai come ora sento labile il confine tra realtà (con tutti i limiti della realtà, poiché non tutto il reale è vero) e l’artefatto (che comunque conserva realtà e verità poiché frutto della volontà di esseri umani).
La mia è una sensazione nauseante.
Tra il più violento luddismo mai visto dalla rivoluzione Industriale a oggi e la voglia di andare oltre ogni confine mai tracciato, stracciando ogni regola scritta. Sarà forse perché sono figlio di una generazione (1977) che ha conosciuto l’analogico desideroso di andare oltre, il Passaggio tra i due mondi e l’affermazione totale e incondizionata del digitale, senza porsi problemi, regole, limiti. Uno dei motivi per i quali insegno Etica e Deontologia è questo.
Tocca ricordare ogni santo giorno che la «Lode del dubbio» di Brecht deve essere il nostro mantra.
Nel dubbio: sto scrivendo.
Creazione di Napoli in corso. Può richiedere del tempo
Qualche giorno fa ho partecipato al dibattito di Left Wing sulle città, partendo ovviamente dalla mia, ma non solo. C’erano lo scrittore Maurizio de Giovanni (Maurizio davvero può discutere di qualsiasi cosa che riguardi Napoli, ne scandaglia l’anima), la sindaca di Settimo Torinese Elena Piastra (seguite cosa sta facendo sui Data Center!) e il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi. È stato bello, mi sono preparato rileggendo “Le città invisibili” di Italo Calvino.
Manfredi è atipico come sindaco. Lo è soprattutto per una città come Napoli, dai colori e dai toni accesi. So che molti lo considerano comunicativamente moscio (certo, venivamo da 10 anni di «Renzi ti devi cacare sotto») e incapace di gestire il processo, enorme, di trasformazione della città. Il mio giudizio è articolato e non può riguardare solo la figura del sindaco.
Al tempo stesso sono sicuro che fra coloro che giudicano così Manfredi nessuno lo ha mai ascoltato parlare per più di 10 minuti. Magari resterebbero della stessa opinione, tuttavia capirebbero che ci sono temi impossibili da “caricare” sulla sola azione di un sindaco di una medio-grande città europea.
Durante questa mattinata di dibattito Manfredi, ad un certo punto, ha parlato della situazione dell’overtourism partenopeo degli ultimi anni. Farlo in un dibattito che non ti mette sulla difensiva - io l’ho impostato così - gli ha consentito di dire cose secondo me molto importanti, chiarificatrici d’una idea di città.
Ve ne riporto qualche stralcio, non lo troverete su alcun giornale poiché alcun giornale ha ritenuto di dover mandare qualcuno ad ascoltare quel dibattito sulla città di Napoli. È la sindrome della verità in tasca…
[…] Quindi ci rendiamo conto che anche la dimensione metropolitana è una dimensione legata alle relazioni, non ai confini amministrativi. E questo ci impone di adottare uno sguardo diverso, una visione più ampia e attuale. Dobbiamo superare concetti ormai obsoleti, come quello del "cittadino residente", che appartiene a un'altra epoca, al secolo scorso. Oggi non esiste più, di fatto, una distinzione netta tra chi "è residente" e chi no. Il codice fiscale non basta più per definire l’identità urbana.
A Napoli, per esempio, ci sono circa 900.000 residenti. Ma ogni giorno la città accoglie oltre 500.000 persone che arrivano dalla cosiddetta provincia: vengono per lavorare, studiare, curarsi, fare commissioni. In poche parole, vivere la loro vita qui. A questo si aggiungono 200.000-300.000 turisti presenti in media ogni giorno. E allora, chi sono questi altri? Cittadini di serie B? Fantasmi urbani? No. Sono abitanti della città a tutti gli effetti. Solo che non risultano formalmente tali. Ecco perché dobbiamo cambiare le categorie con cui ragioniamo.
Questo non è solo un tema culturale, è anche un tema di finanza pubblica. Il modello attuale della finanza locale si basa ancora sul concetto di cittadino residente. Ma è un modello del tutto superato. Ci sono comuni che mantengono sulla carta i residenti, ma che non hanno più abitanti reali. Persone che risultano residenti, ma in realtà vivono altrove. Anche questo è un sintomo di quanto siano inadeguate le nostre categorie di lettura del presente.
Se vogliamo affrontare il futuro, non possiamo farlo lottando contro la trasformazione: dobbiamo affrontarla, comprenderla, governarla. Anche il tema del turismo, che tu giustamente ricordavi, va inquadrato così. Non si tratta di fare la guerra ai turisti. Il turista è un agente di trasformazione dei territori. E la trasformazione va governata, non subita.
Ma per governare i processi servono strumenti, e oggi i sindaci non ne hanno quasi nessuno. Non esiste una legge nazionale sulla residenzialità turistica, non esiste una norma seria che regolamenti i bed & breakfast, e neppure una legge efficace per governare il commercio. E qui bisogna dirlo con onestà: certe liberalizzazioni selvagge le ha fatte anche il centrosinistra. È inutile nascondercelo.
La verità è che non abbiamo gli strumenti per fare quello che serve oggi: governare i processi, non subirli. E soprattutto, non analizziamo i dati. Non si può affrontare un fenomeno se non lo si conosce nei numeri. L’overtourism, ad esempio, è un problema reale, ma è anche molto più amplificato rispetto alla realtà.
E torniamo all’Intelligenza Artificiale: quando ChatGPT deve generare qualcosa di particolarmente complesso dice all’utente di attendere con il seguente messaggio: «È in corso. Può richiedere del tempo».
E noi aspettiamo. Nientedimeno siamo capaci di aspettare per un prompt ma non per una compiuta, completa, adeguata risposta ad un quesito così rilevante. In questo caso vogliamo la battuta, la risposta in 45 secondi.
Totalmente inadeguato come approccio ai temi complessi come quello di gentrificazione e overtourism. Eppure così va. Parola di giornalista.
Think tank
La controversa tiktoker Rita De Crescenzo, nota ai più per la vicenda Roccaraso, ha capito che per avere un cono di luce costante deve parlare di politica. Per questo motivo farà un podcast con la signorina Maria Rosaria Boccia, nota per l’affaire con Gennaro Sangiuliano, già ministro della Cultura. E non solo: Rita De Crescenzo chiama a raccolta persone per la manifestazione del 5 aprile a Roma promossa dal Movimento Cinque Stelle contro il riarmo dell’Europa e le politiche europee.
Poi capiremo esattamente come nasce questa cosa. Io però penso semplice: De Crescenzo ci ha trovato gusto, quando col caso Roccaraso è diventata la stellina dei talk show tv di Mediaset e Rai. E ora cerca un po’ di nuova notorietà di livello, insomma, non quella delle live Tiktok.
E non lasciare andare un giorno per ritrovar te stesso
“Per cento e mille strade” (ed. Readaction) di Ivan Fedele l’ho presentato qualche giorno fa. È un bel libro, godibilissimo, racconta la storia di uno degli album più noti mai pubblicati in Italia “La vita è adesso” di Claudio Baglioni, pubblicato 40 anni fa. È l’album di “E adesso la pubblicità” uno dei miei pezzi preferiti.
Ma un giorno mi dovrete spiegare una cosa: ma perché Antonio Ricci di Striscia la Notizia ce l’ha così tanto con Baglioni?
Ciao, ci vediamo nei prossimi giorni. Volevo ringraziare chi mi ha scritto dopo aver letto questo, la settimana scorsa.
Non rispondo solo perché non so cosa dire. Ma leggo. Grazie.
Il prof riceve mercoledì alle 11
Erano gli anni in cui sognavamo di voler diventare e sentivamo di potere. Oggi che siamo? Che problema spiegarlo. Intanto io sto qua, mi piango una foto e due messaggi. Però se devo ricordarlo dall’inizio, aspie’, dammi tempo, fammi prendere fiato. Metto una canzone del 1995