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(ah! Grazie alle persone che si sono iscritte dopo il post su Geolier e Sanremo, davvero tante).
E c’era la voragine, e c’era il crollo, e tutte le cose di sempre, e le persone, e i gesti meccanici, rituali, e i comunicati stampa, le telefonate in redazione, e il casino giù in tipografia per fare presto, fare presto, non si può andare fuori senza la notizia, non si possono perdere i treni di certo, oggi, con quello ch’è successo, figurati il casino.
La sua testa fuggiva in giro per la città a rivedere voragini e crolli già conosciuti, il pianto delle madri e dei parenti, il dolore isterico, la rabbia smorzata e impotente.
La sua testa fuggiva in giro, certo, fuggiva, ma ritornava poi in punta di piedi attraverso sentieri e gli ricostruiva una presenza crudele inevitabile: dove il significato ultimo?, nelle pietre di Castel dell’Ovo?, dove?“Malacqua” - Nicola Pugliese
C’è sempre una voragine. C’è sempre un buco da indagare. E noi sempre lo facciamo, poiché è naturale predisposizione dell’essere umano mettere la testa nel vuoto scuro aspettando che ci restituisca le sue verità e racconti qualcosa delle nostre.
Napoli è bucherellata e friabile, lo sanno tutti. La sfoglia di cracker sulla quale camminiamo è una scommessa legata a condizioni che periodicamente vengono a mancare. Se piove troppo la pietra si gonfia, si ‘ntofa e come una vena varicosa modifica il resto, deviandolo dalla precaria quotidianità.
Se lo squarcio di una tubatura lascia scorrere acqua quella scava, dilava il tufo giallo. La pozzolana di cui è fatta la Napoli di sotto è così: ci getti l’acqua e si dissolve lascia vuoti incolmabili e fragilità. È come l’anima dopo un dolore.
Nel corso degli anni ho visto buche, avvallamenti e voragini a strafottere e l’ultima per puro caso non è costata la vita a qualcuno.
La considero diversa dalle altre, non solo perché fotograficamente d’impatto, visto che dentro ci sono finite due auto con persone, un albero e un palo della luce.
L’ultima voragine, in via Morghen, quel serpente di strada che s’arrampica verso San Martino, il Vomero bello-bello, dove le case costano da mezzo milione in su ma marcio e consumato come il resto della città, è diversa perché è quella che risbatte Napoli all’antica quotidianità che Nicola Pugliese nel romanzo “Malacqua” bene descriveva. “Malacqua” ha la mia età, io li compio il 27 febbraio.
All’epoca del romanzo non esistevano bed and breakfast, i feriti erano residenti, non turisti.
I fatti odierni non sono stati una tragedia, fortunatamente. Però, chi oggi per interesse mette sotto il tappeto i problemi della città perché è utile, è redditizio narrarla favolosa, dinamica, incredibilmente diversa al passato, davanti a queste immagini non ha potuto dire un cazzo.
- «Dai, succede ovunque! Anche a Roma pochi mesi fa».
- «Ho capito compa’ ma a me che me ne fotte dove succede? Lì sotto ci potevo rimanere io».
Il boss, le cerimonie e le contraddizioni
Vangelo secondo Luca 16,2: redde rationem. Resa dei conti. Una lottizzazione abusiva iniziata nel 1979, un procedimento giudiziario avviato nel 2011 e ora il ristorante “La Sonrisa”, meglio conosciuto come “Il castello delle cerimonie”, un tempo del “boss delle cerimonie” Antonio Tobia Polese, deceduto qualche anno fa, è stato confiscato ai proprietari e diverrà proprietà dello Stato, in questo caso del Comune di Sant’Antonio Abate, provincia di Napoli.
A noi che ce ne importa? Niente, se non fosse per un paio di elementi affascinanti e uno drammatico.
Il patriarca Polese si è barcamenato per decenni fra le carte giudiziarie che davano di lui una immagine cupa, legata al contesto camorristico degli anni Ottanta, quello di un altro don, Raffaele Cutolo, il capo della Nuova Camorra Organizzata e i lustrini trash della tv.
Alla Sonrisa, concentrato di mobilio kitsch, pittura dorata, stucchi, legni, maioliche, cristalli, cornici, piante, eliporto, piscina, vasi, ci hanno girato film (“Cient’anne” con Gigi d’Alessio e Mario Merola; “Reality” di Matteo Garrone), tante stagioni di una kermesse televisiva Rai sulla musica napoletana e infine millemila puntate del reality show di Realtime “Boss delle Cerimonie” e poi “Castello delle cerimonie”. È uno dei prodotti di punta di Realtime a Napoli ed è anche girato molto bene, devo dire. L’estetica del filmino del matrimonio applicata alla narrazione seriale televisiva, completamente artefatta ma proprio per questo verosimile dunque in linea col resto del mondo che si muove davanti (e dietro) la tv.
Questa importante esposizione televisiva ha sostituito l’imprenditore raccontato dalle carte giudiziarie con un personaggio quasi mitico, una specie di “generoso signore del maniero” che col suo castello insieme alla sua famiglia donava gioia e pantagrueliche tavolate a sposini e alle loro famiglie.
I dipendenti ad esempio lo vedevano proprio così e vedono così pure gli eredi di “don Antonio”. Sono circa 150 circa quelli direttamente impiegati, ma sono il triplo se ci mettiamo l’indotto di fioristi, manutentori, commercianti di carne, pesce, molluschi, cantanti neomelodici, insomma, quanto serve a realizzare «nu matrimonio napulitano» secondo l’immaginario.
Ecco la parte drammatica: se chiude la catena di montaggio delle cerimonie questi (singoli e imprese) come campano?
D’altro canto: possiamo mai non rispettare una sentenza di Cassazione per salvaguardare i livelli occupazionali d’una struttura riconosciuta frutto di lottizzazione abusiva?
Molti giornali la trattano come la “cosa trash” delle cerimonie e invece è paradigmatica del Sud Italia.
Viene prima la legge o chi mi garantisce il pane (anche senza rispettarla)?
Vari fattarielli
Durante Sanremo pubblicai su Fb questo post su BigMama. Contento che sia andata all’Onu a parlare di bullismo e bodyshaming (non avete idea di quanti commenti ho cancellato in questo post, roba abominevole).
Qui sotto qualcosa che riguarda i fatti di Pisa e un ricordo di trent’anni fa (eh, vecchiaia…)
E ciao!
Ci vediamo presto, cioè la settimana prossima penso. Ho delle cose interessanti da raccontarvi (forse, cioè so’ interessanti per me).
A te che ormai ci hai abbandonato dopo averci abituati ( così non si fa!) segnalo La nave nera di Nicola Pugliese, che comprerò prossimamente. Ritorna nella mia mail!!
Leggo e mi sale un senso di amarezza indescrivibile.
Amarezza e indignazione....
Buon compleanno, domani. Tanto non siamo scaramantici, no? Ti posso fare gli auguri con qualche ora di anticipo? P.S.: Ieri ho fatto un giro nel Rione Sanità, ho visitato il sotto degli Ipogei dei Cristallini e la "chiesa blu" ovvero la chiesa di Santa Maria Maddalena ai Cristallini, mi sono ritrovata nella piazza grande in cui hanno girato vecchi film (Pianese Nunzio 14 anni a maggio) e film recenti (Nostalgia) che ho amato molto. E, poi, Palazzo dello Spagnuolo e Palazzo Sanfelice. Devo dire che, nonostante tutti i problemi e le contraddizioni, ho sentito una bella energia.