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Io sono per metà irpino, i miei parenti di lì sono persone pratiche: c’è un terremoto, chiamano per sapere come va. Spiegare che è bradisismo, la caldera vulcanica dei Campi Flegrei, l’eruzione non proprio imminente (e nel caso, non repentina) non è il caso. Terremoto: come va?
«Nel caso, ve ne venite qua» è stata la proposta che ho sentito più spesso in questi giorni. Lì per lì non ci pensi. Però: succede qualcosa e devi spostarti, bellebuono. Non hai niente, devi correre e sperare che qualcuno ti ospiti al sicuro. Ti ricorda qualcosa?
Ah, certo, devi aggiungere: senza passaporto, senza soldi, col mare di mezzo e la morte sul collo. Ora ti ricorda qualcosa?
È un ottobre caldissimo, stiamo finendo male. Dice che fra qualche giorno però è malacqua e che abbiamo le caditoie intasate quindi sarà un problema. Su Tiktok mi incanto per ore a guardare quelli che spilano (disostruiscono) i tombini dalle foglie e penso che un paio di questi supereroi metropolitani li vorrei a Napoli.
Pioverà e la terra trema. Pioverà e a 6 chilometri sotto terra teniamo il fuoco liquido. Lo sapevamo, eh, da qualche millennio. Però fa un certo effetto.
La verità è che a Napoli ogni evento sismico è ricondotto alla tragedia del 23 novembre 1980, cesura storico-politica e sociale fra la città degli anni Settanta e quella moderna.
C’è gente che è dovuta andare e non ha più rivisto casa sua, gente che avrebbe dovuto imparare a convivere con pali innocenti e travi, altri ancora condannati ad un futuro di instabilità non solo nel lavoro, ma pure dentro al letto.
Razionalizziamo. La vulcanologa Francesca Bianco, una delle scienziate più autorevoli in Italia sulla questione napoletana, in una serie di slide alla Notte dei Ricercatori ha sintetizzato dei fatti, ve lo dissi pure la settimana scorsa.
Generazione di epifenomeni
Tengo sulla scrivania a casa montata la luce e il supporto per il telefono. Mi sono detto: ma perché non accendiamo la bancarella e rispondiamo a questo fesso che va in giro per i Campi Flegrei come un profeta di sventure e a quest’altra scienziata?
Entrambi godono di audience pazzesca. Io non uso quasi mai lo strumento video, stavolta penso di aver fatto bene, nonostante l’evidente imperizia. Basta analizzarli, se dicono fesserie vanno contrastati con durezza.
La cosa migliore sull’argomento l’ha fatta però Mario Natangelo: sostanzialmente quella che vedrete nei suoi disegni è (anche) la mia vita.
Nomea*. Ovvero: quanto ancora dovete mangiarvi di Napoli?
Girerano un prequel della serie tv Gomorra. Dunque la camorra degli anni Ottanta e Settanta, quella cutoliana di cui finora si è parlato solo nei film di Mario Merola e ne “Il camorrista” di Tornatore con Ben Gazzara. Quel periodo non è stato ancora saturato dalle serie tv e perché non azzuppare un po’ ? Dialoghi stile Shakespeare delle Vele, bum bum bam, esecuzioni e sparatorie, una bella fotografia stile Polaroid (o Narcos) e tanti vicoli che si prestano sempre bene. Se siamo fortunati ci esce un bel tormentone giovanile.
Ah: stanno girando pure un teen drama sulla camorra, si chiamerà “Clan”. Vicoli, ragazzine e ragazzini. Ormai le serie tv dopo il calo del post-pandemia stanno ravanando ovunque pur di raccattare storielle che assicurino un minimo di audience.
Ho un sincero pregiudizio su tutto ciò.
*Nomea è questa canzone qui de “Le Scimmie”
‘O problema
Questo è il mercatino di via Caramanico (lo chiamavano “mercato delle pulci”, un tempo). Effettivamente è una ottima strategia di marketing etichettare il difetto di produzione come «un poco problema». Chi è al giorno d’oggi non ha un «poco di problema» ?
Fatti sparsi
Qualche giorno fa ho chiesto ad Alessandro Siani di spiegarmi perché sarà Geolier a fargli le musiche di “Fiesta” lo show che riporterà in teatro dopo vent’anni.
Ah: voi lo sapete che i sismografi veri non si vedono così facilmente?
Gente magnifica gente
Non so, magari potete condividere questa newsletter a persone che non sono iscritti, gli potete dire «chill è nu buono guaglione…»