Ciao, sono Ciro Pellegrino, se è la tua prima volta qui, beh, grazie! Puoi condividere o suggerire la newsletter ad altre persone, mi farebbe piacere.
Com’è stata la tua settimana? È iniziato il caldo, vero? Qui a Napoli c’è una crescente attesa perché vi è la possibilità che la squadra di calcio vinca il suo quarto scudetto.
Ah, dimenticavo: qualche giorno fa sono stato informato dalla Apple di essere stato vittima di un cyberattacco raffinato e potente, in pratica il mio iPhone è stato bersaglio di uno «spyware mercenario». È un fatto enorme che ha sconvolto la mia vita.
Dall’inizio, non voglio tralasciare niente.
La storia l’ho raccontata su Fanpage, il giornale per cui lavoro da quindici anni e l’hanno ripresa molti altri media (ti segnalo il Guardian che segue la storia degli spyware su attivisti e giornalisti in tutto il mondo). Sostanzialmente: telefono bucato, avviso di Apple, analisi in corso per capire qual è lo spyware e da quanto tempo va avanti questa storia.
Sono il secondo giornalista in Italia cui accade. Entrambi - io e Francesco Cancellato - lavoriamo a Fanpage. Che strano, vero? Per Francesco, direttore del mio giornale, è stato appurato che si trattava del software Graphite dell’azienda israeliana Paragon con cui anche l’Italia (servizi segreti e alcune forze di polizia) ha un contratto, oggi sospeso. Per me, attendiamo.
Nel caso del direttore di Fanpage, Alfredo Mantovano, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, ha dichiarato che «mai sono stati spiati giornalisti». Beh, io quest’anno festeggio vent’anni da giornalista professionista.
Per questo è importante capire di più sullo spyware. Non è la truffa per rubarti i soldi dal conto. Si tratta di software sofisticatissimi che spesso i governi usano in caso di rischi terroristici o per reati come il traffico di esseri umani.
Apple mi ha avvertito:
È probabile che questo attacco ti stia prendendo di mira specificamente per via della tua identità o delle tue attività […] Questi attacchi costano milioni di dollari e vengono sferrati individualmente contro un numero molto limitato di persone.
Capisci perché è grave? Paragon o qualsiasi altro software il punto rimane: sono un cittadino italiano e sono stato spiato con uno strumento potentissimo. Se sono stato spiato è perché sono un giornalista, non certo per conoscere la mia lista della spesa. Se di spiati poi ce ne sono due nello stesso giornale cosa ti viene da pensare?
Il governo italiano potrebbe subito dirmi se sono stato spiato dai Servizi segreti o no.
Era una giornata tutto sommato tranquilla.
Immagina un pomeriggio tutto sommato sereno (che deve succedere più in questi giorni?). Ti arriva un messaggio del genere, in inglese, ci metti qualche secondo per capire se è vero o meno.
Ho fatto una cosa, ci ripenso solo ora che scrivo. Ho stampato l’email. È stato un rigetto verso lo strumento digitale che in quel momento si era mostrato a me come infido e ho cercato il foglio di carta.
La cosa più brutta è stato avvertire le persone a me vicine. Mortificante, perché la sola idea di dover essere fonte di preoccupazione altrui è una cosa per me inconcepibile.
Sai la rabbia qual è? Non sai perché è successo.
Non sono sciocco, qualche idea me la sono fatta. Ma non so, è tutto da chiarire. Quando scrivi un pezzo, partecipi ad una inchiesta, scrivi un libro, metti in campo che possa accadere qualcosa di spiacevole. È già successo in anni passati ed è stato gestito.
Ma davanti ad una cosa così enorme, un cyberattacco poderoso, silente, articolato, non solo fatichi a trovare il mandante, ma anche il preciso movente. E le tracce sono ben nascoste, ci vogliono degli esperti (ce ne sono pochi al mondo) che conoscano bene questo nemico.
Sono tornato a casa con il “corpo del reato”, ho fatto «shh» a mia moglie appena entrato e ho messo il telefono nel forno a microonde (era già in modalità aereo e in modalità isolamento). Poi mi sono buttato sul divano, incredulo.
L’indomani si trattava di render nota la storia. Scrivere non è un problema, dovevo anche raccontarla a video. Scrivi pezzo, scrivi script, registra. Non piacevole, ti dirò.
La sera ho recuperato un altro telefono. La notte è stata opprimente. L’indomani, quando la notizia è uscita, il cellulare non smetteva di squillare. Non ho più numeri in rubrica. Ho tutti i dispositivi al massimo della sicurezza possibile (ammesso che esista, una sicurezza, ormai ne dubito).
Il 1 maggio, festa dei lavoratori, formalmente ero di riposo. Raffaella ha scritto il bellissimo post su Facebook che mi ha consentito di arrivare a tutti gli amici e oltre spiegando cosa stesse accadendo.
Dal 29 aprile, ti dirò, sono sotto un enorme stress emotivo e professionale. Avevo altri progetti in questa fase ma, come si dice, «dio ride dei progetti degli uomini». A questo giro nessun dio ma qualche spione infame.
Ho trovato enorme solidarietà professionale e umana. Questo è stato ed è molto importante, sono anche imbarazzato dal non riuscire a ringraziare tutti come vorrei.
L’idea che qualcuno si sia fatto i fatti miei, quelli professionali e personali, mettendomi nel suo mirino (digitale, ma pur sempre mirino) mi disgusta e mi fa arrabbiare.
La gabbia di Faraday è un rifugio conduttivo che blocca i campi elettrici e zittisce (quasi) tutto il rumore elettromagnetico. Giuro, vorrei infilarmici con un lettino e due libri, e sparire per un po’.
E invece no, pare si debba continuare a battagliare.
Speriamo di poter tornare a parlare di cose più leggere.
ciro
Pezzi precedenti
La vita a Napoli non è mai stata facile. Però non è mai stata triste
Ciao, sono Ciro Pellegrino, questa è la mia newsletter. Stai sciolto/a non ci sono bussate a denari, però ti devo chiedere un piacere. Ma prima volevo raccontarti una storia.