Sono stati giorni di pausa forzata, mi sono fermato che avevo la camicia ora sto in canottiera stile Tony Soprano.
Napoli è il regno dei lavori in corso in questo periodo: ho più cuffie io che un deejay.
Il problema è che tenerle per molto tempo equivale ad assicurarsi un mal di testa e l’acufene perenne. Non ve lo auguro.
Vabbuò. Qualche giorno fa era l’anniversario dell’addio ad uno che i luoghi comuni li distruggeva.
«Per fortuna è successo a noi che sappiamo gestire l’entusiasmo», dice nei suoi spettacoli Vincenzo Comunale, uno degli stand-up comedian napoletani più promettenti di questi anni: il riferimento è alle cento giornate di festeggiamento per lo scudetto del Napoli; pure Zerocalcare c’ha fatto una vignetta per pubblicizzare la sua nuova serie Netflix.
Guardando l’Italia intera direi che Napoli ha festeggiato, non è stata festeggiata. Ci sta, è un risultato calcistico: è divisivo.
In questi giorni molti (compresi certi giornalisti) attendevano un passo falso, una vicenda di cronaca che riportasse la città nell’alveo della solita narrazione: la caotica, festosa, pericolosa, bellissima contraddittoria metropoli.
Napoli è una città che ama deludere quasi quanto sorprendere.
È come un lemure: te l’aspetti giocherellone e lui si gira faccia al muro.
Qui è arrivata una milionata di persone e tutto sommato è andata liscia.
Avranno atteso la metropolitana venti minuti? Probabile. Ma questo è soprattutto un problema di chi ci vive, relativamente del visitatore che viene e se ne va (il famoso film oggi sarebbe “Mangia, paga, scatta”).
La rapsodia in blu di questi giorni ha tantissimi livelli di racconto.
Organizzazione: Rinuncia alla passeggiata del bus scoperto coi calciatori campioni per motivi di ordine pubblico e di business.
Ordine pubblico, ovvero evitare assalto e corteo di scooter dietro al torpedone. Un tempo tutti volevano toccare i personaggi e per farlo erano disposti a cretinate incredibili. Ora tutti vogliono la migliore inquadratura, il miglior Tiktok, il miglior reel e per averlo sono disposti a cretinate incredibili.
Business: ovvero realizzare uno show televisivo - trasmesso su Rai2 - interamente nello stadio “Maradona”.
Nelle piazze Plebiscito, Mercato e Scampia, dotate di maxi-schermi e trasformate in punto di ritrovo, è stato trasmesso il secondo tempo della partita.
Dunque il resto d’Italia ha visto la partita sulla tv a pagamento e il successivo festeggiamento con premiazione sulla tv in chiaro
La stragrande maggioranza dei presenti a Napoli ha vissuto un’altra festa che non c’entrava niente né con l’evento sportivo né con lo show, una cosa abbastanza pacchiana. Mo’ ne parliamo.
Intrattenimento: lo spettacolo è stato una ammesca francesca.
Fermi tutti: ammesca francesca è una sorta di miscuglio indefinito e nient’affatto omogeneo. È gergo di cucina e dovrebbe risalire all’occupazione napoleonica, quando chi non poteva permettersi granché raschiava quel che poteva dai sacchi dei signori e lo cucinava. Tutto insieme appunto: una "mescolanza francese”.
Dicevamo: hanno infizzato di tutto e di più, uno zuppone indefinito. C’erano le vecchie glorie dello scudetto 1987: Marisa Laurito, Nino d’Angelo, Lina Sastri. All’epoca c’erano Gianni Minà, Massimo Troisi, Luciano De Crescenzo, Mario Merola, oggi tutti purtroppo indisponibili.
Poi un po’ di modernità: Clementino, Gigi D’Alessio (non ridete).
Biagio Izzo si è prodotto in un intervento “comico” scritto probabilmente nel 1950, sulle donne in attesa ad aspettare il marito che guarda la partita perché perché una volta non ci porti pure me.
Infine gli insignificanti spot tv della Regione Campania che ha pagato parte dello show.
Se avete il coraggio trovate tutto su Raiplay.
Bello ascoltare Noa. Pure Nino D’Angelo.
La sapete la storia di Nino D’Angelo? Quando era ancora il “caschetto biondo”, prima di essere promosso da Goffredo Fofi a cantante delle masse popolari, Nino fu protagonista di un film tutto incentrato sul primo scudetto del Napoli visto dalla Curva B (a Napoli le curve sono A e B). Titolo: “Quel ragazzo della curva B”.
Nella Curva B all’epoca imperava il “Commando Ultrà” guidato da Gennaro Montuori detto “Palummella” (poi diventato giornalista sportivo, la qual cosa fa molto riflettere).
La trama del film è: Nino D’Angelo capotifoso combatte le forze del male.
Film da dimenticare, pure se incredibilmente è su Prime Video.
La canzone è rimasta. La musica resta sempre, in un modo o nell’altro.
Per approfondire la storia del tifo organizzato del Napoli: con tutte le scissioni pare la sinistra italiana.
Tiriamo le somme: all’attento osservatore dei fatti di una città la festa è necessaria.
E no, non serve perché si eccede. Almeno non a Napoli.
Si è soliti dire: semel in anno licet insanire, una volta all'anno è lecito impazzire.
Ma voi ce la vedete questa locuzione latina applicata qui dove l’impazzimento è perenne e collettivo?
Qui, in una città così 'ntufata, gonfia di bancarelle, dehors, tavolini, sedioline, occupata e monetizzata senza diritti e senza autorizzazioni in gran parte del suo centro antico?
La festa a me è servita ad osservare quanto si è spinto avanti questo indecoroso processo d’appropriazione indebita degli spazi cittadini.
Nelle settimane a venire molti si occuperanno di quest’aspetto (qui attenzione alta già da qualche anno) e qualche protesta c’è già in questi giorni.
Il “peccato originale” di talune mobilitazioni e analisi degli ultimi tempi è tuttavia il tacere d’uno dei responsabili di questo monumento alla deroga che è il centro antico di Napoli: l’ex sindaco che l’ha governata per un decennio.
Il decennio dell’instagrammizzazione partenopea.
(Ah, ad avere il tempo di scriverne in maniera più approfondita!).
In sintesi la situazione è questo video:
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Santa Maradona
Mimmo Battaglia è il vescovo di Napoli. Non si può non volergli bene e la fede non c’entra. È nu brav’ommo. Scrive benissimo. Ricorda don Tonino Bello.
Qualche giorno fa ha cazziato i preti napoletani dicendo loro sostanzialmente: non fate gli scemi in chiesa voi e lo scudetto che qui non stiamo allo stadio e il Padreterno si piglia collera.
L’ho già sentita
La canzone tormentone di questi mesi, “Malatìa” di Ciccio Merolla, è ispirata a “Guataquì” della colombiana Martina Camargo, regina del Tambora.
L’originale è più bella della copia partenopea.
Wild boys of Surriento
È il 30 luglio del 1984, i Duran Duran sono all’apice della carriera, l’Italia impazzisce per loro. Giovanna Cantone, italiana, sposa l’allora 24enne Roger Taylor, il batterista della band.
Convolano a giuste nozze a Napoli, quartiere Capodimonte che sovrasta il rione Sanità (bellissimo), nella basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio. Poi per tutta la notte gli sposi e i Duran Duran navigano sotto le stelle del Golfo di Napoli, fra Sorrento e Capri.
Lui ricorda così a Vanity Fair:
Festeggiammo nel golfo di Napoli, avremmo voluto fare un party in città, ma sarebbe stato letteralmente impossibile.
Così noleggiammo una barca e navigammo per tutta la notte nel Golfo, che per noi fu l’unico modo di avere un minimo di privacy a Napoli.
Naples à Paris
Alcuni dei pezzi più belli del museo di Capodimonte saranno per 6 mesi in mostra al Louvre di Parigi. La mostra sarà solo uno degli eventi: ci saranno convegni, teatro, concerti. La cultura napoletana a Parigi. Qualche mese fa ero in Francia proprio nel giorno in cui montavano le affissioni che annunciavano l’evento, mi sono sentito orgoglioso.
Non date retta a chi incomincia con la solfa dell’ «dovete venire a vederle a casa nostra!», «prestateci la Gioconda» o peggio ancora: «Avete impoverito i nostri musei».
Il sovranismo culturale, allanema ‘e chivemmuorto.
Napoli da millenni è stupore nel mondo e deve continuare ad esserlo.
Rassegnarsi ad esportare pizze, folkore ed esultanza calcistica è una follia.
Per Emmanuel Macron poi Napoli è stata amore. Ma overamente.
È un autore per me particolare perché ho incontrato mia moglie con Eduardo. Stavo recitando ne 'l'Arte della commedia', non è certo la sua pièce più napoletana, ma è una bella pièce teatrale, l'ho adattata quando ero al liceo, all'università ed è in questa occasione che ho incontrato mia moglie.
Quindi Eduardo De Filippo ha un posto speciale nel mio cuore.
(intervista a Fabio Fazio, 2019)
Pesci piccoli su Amazon
Nutro affetto per i The Jackal. Non perché lavoriamo nello stesso gruppo. Francesco, il regista, è un vero talento. Simone ha preso in mano le redini di qualcosa di complesso e perennemente in fieri, Alfredo è il nerd perfetto. Aurora spero di vederla presto a teatro. Mo’ basta altrimenti pare un branded content.
Ah: nell’ecosistema The Jackal è cresciuto uno dei più bravi giovani manager di settore italiani, si chiama Enzo Piscopo, da un annetto circa lavora in Banijay.
Comunque tutto era per dire che mo’ esce la serie su Amazon Prime, “Pesci Piccoli”.