Se sei qui e non mi conosci mi presento, sono Ciro Pellegrino, sono un giornalista e sono napoletano. Se ti piace la newsletter puoi fare una cosa importante: convincere le persone a iscriversi. Per me è importante arrivare a più persone oltre i social, ormai diventati sempre più difficili da gestire. Grazie.
Quando si monta una pagina - l’ho fatto per anni col giornale di carta, oggi ti posso dire che non è molto differente nell’online - le foto, gli spazi, i capitoli di un pezzo devono avere senso rispetto a ciò che racconti. E in cronaca la foto del morto è fondamentale. Metti da parte l’idea che si tratti di qualcosa che riguarda «il fotografo». Se fai il cronista in certi contesti tu sei il fotografo, il redattore e il correttore di bozza.
Un tempo la foto era problematica perché dovevi andartela a cercare. Vittorio Zucconi raccontava di scatti presi a casa delle nonne e delle mamme. A me così è capitato una sola volta. Poi la “capuzzella” , si chiama così in gergo giornalistico perché è quasi sempre una foto tessera (ma a Napoli ‘e capuzzelle sono anche i teschi), mi è spesso arrivata dalle forze dell’ordine. Oggi ci sono i social network, hai l’albo di famiglia sotto mano. Facebook e Instagram sono miniere indecenti, spesso usate con vorace crudeltà dai media e nemmeno solo dai giornalisti (che almeno hanno una storia da raccontare e un fine, quello di arrivare ad una verità): li usano pure quelli che gestiscono pagine su città o parti di città e che raccontano la cronaca del vicolo, il morto del giorno like dopo like.
Se muore un giovanissimo è difficile trovarlo su Facebook, ti serve ravanare su Tiktok o su Instagram, oppure andare di sponda, cercare tra i profili dei parenti. C’è gente che fa incetta di immagini e seleziona, copre le facce dei vivi (si spera) e lascia solo il morto. Io ho una mia etica: prendo la sola foto profilo, quando c’è. Solo quella. La verifico e vado avanti. Non c’è? Trovo il modo. Il modo si trova sempre. Non ne sono ossessionato: se proprio non c’è non c’è. Ma se c’è, mi serve. E qualcosa salta fuori sempre, durante la giornata.
Lo so: preferiresti non ascoltare queste cose. Qualcuno finirà per pensare «Ma guarda che sciacalli». Ma la faccia del protagonista di una vicenda di cronaca è importante, rivela tante cose. Chi vi dice di fare questo lavoro senza cercare la foto mente sapendo di mentire: in realtà consulta (rubacchia) dagli altri giornali o prende dalle agenzie il materiale necessario. Usa il lavoro degli altri.
Potrei raccontarti un miliardo di storie sull’argomento. Sono in vena di ricordi e mi succede quando metto in ordine le cose per prendere decisioni. Ma l’aneddotica non serve a niente. Forse solo a fare podcast o corsi da giornalista. Il giorno che farò una delle due cose ve li racconterò.
Napoli è terra de garoa in questi giorni. È la pioggerellina scema, quella che a cade a San Paolo di Brasile, quella che gli irlandesi non ritengono degna di un ombrello ma solo del cappuccio di una felpa.
Patrizio Spasiano, 19 anni, napoletano di Secondigliano, è morto per una fuga di ammoniaca dal circuito dell’azienda per la quale aveva da poco iniziato a lavorare. Mi sono chiesto se fosse stata una veloce gittata di gas o una pioggia inevitabile tipo fallout nucleare. La morte per avvelenamento da ammoniaca è orribile. Conosco i rischi del triidruro di azoto perché in laboratorio chimico avevamo una procedura obbligata sotto cappa aspirante e ne detestavo l’odore pungente.
Patrizio, 19 anni, di Secondigliano, la faccia buona e la voglia di lavorare. L’iPhone comprato usato e a rate, la fidanzata e i sogni. I funerali sono stati come sempre il tripudio dei palloncini e delle t-shirt con il volto stampato, di striscioni e domande senza risposta. È il secondo morto in pochi giorni nella stessa azienda, siamo nei primi venti giorni dell’anno 2025 e già ne sono morti due.
Patrizio che sembra una canzone di Geolier quando dice «Gesù m'adda difendere da cose ca ll'uocchie mije nun vedono e da 'e ccose ca 'e recchie mije nun senteno».
Patrizio, la cui madre ha spiegato con disperata lucidità che cos’è la morte di carne della sua carne.
Ho dovuto scegliere la foto di Patrizio, ce n’era una in cui sorrideva ma era totalmente sbagliata per i formati dei giornali. L’ho adattata, volevo quella faccia lì per ricordarlo in un pezzo di giornale. Quel sorriso che spacca i timpani anche se non urla nessuno.
La foto serve, perché di Patrizio tra 20 giorni non si ricorderà più nessuno.
La foto sul giornale serve, hanno indagato tre persone per la morte di un ragazzo di diciannove anni. La foto serve, perché qualcuno dovrà rendere conto del perché quel sorriso si è spento.
Il New York Times su Napoli
A proposito dei giovani morti sul lavoro e di una Napoli che molto altro, sono intervenuto in questo articolo del New York Times. Il pezzo ha fatto molto discutere, è uscito anche sul cartaceo statunitense e nella versione nyt international. Ovviamente qualcuno si è offeso, pensando che dell’attuale fase della città si debba parlare per forza solo in termini positivi e senza sollevare problemi o domande.
Se potessi, per tre volte
“Se potessi, ti regalerei Napoli” è praticamente esaurito (resta in alcune librerie Feltrinelli o Mondadori in Italia). Andiamo spediti (oddio, un po’ lenti a dire il vero) verso la terza ristampa. Poi vi chiederò di aiutarmi nella fase 2025, visto che quest’anno voglio celebrare in pieno i 2.500 anni di Napoli.
Nel frattempo volevo ringraziarvi perché se il libro esiste ed è venduto è grazie a voi. Proprio iniziando da questa newsletter. È qui che ho ritrovato un certo gusto nello scrivere.
Una morte ingiusta e crudele! R.i.p. Patrizio che il Signore ti accolga tra le sue braccia 🙏🏽🌹
Hai perfettamente ragione, non lo dimenticheremo tra 20 giorni, ma lo abbiamo già fatto ora.
È sempre un piacere leggerti Ciro, qualunque argomento tratti.