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Per qualche anno ho avuto il coltello. Lo portavo a scuola, lo tenevo in tasca. Non perché volessi usarlo. «Per sicurezza». Senza dilungarmi, ho smesso di portarlo quando uno più grande con la scusa di dargli uno sguardo, me lo semi distrusse. Ebbi la lucidità, a quell’età non era affatto scontato, di pensare «non è una difesa, serve a far male agli altri, eventualmente. E sicuramente rischio di farmi fare male io con lo stesso coltello che porto nello zaino». Mai avuto esempi negativi in casa, gli unici coltelli che conoscevo erano in cucina. E soffrivo (e soffro, meno) la vista del sangue.
Pensate a chi la pistola la vede a 10 anni sul comodino di casa o quando papà si toglie il giaccone. Se partite da questa immagine, tutte le recenti storie napoletane di ragazzi uccisi sono possibili.
Ne abbiamo atterrato un altro. Arcangelo Correra, ucciso in piazzetta dall’amico figlio di una famiglia a dir poco “difficile:” fratello ucciso da poliziotto durante rapina e padre ammazzato in agguato.
Colpisce il silenzio omertoso del quartiere sulla dinamica. Una verità dagli amici per aiutare a scoprire la dinamica non ci esce, poi però la rappresentazione scenica del dolore c’è sempre: le t-shirt stampate per l’occasione, cartelloni con la foto in smoking, lo striscione scritto a mano tipo stadio e addirittura stavolta il maxi schermo con video e le immagini dell’ucciso.
Posso consigliarvi uno dei più bei libri sull’argomento ragazzi di Napoli: “Insegnare al principe di Danimarca”. Carla Melazzini che quelle storie le ha vissute, non c’è più. A lei il mio ricordo e a voi l’invito a conoscere anche Cesare Moreno, maestro di strada e suo compagno di vita.
“Mimmo, a 15 anni, è sicuro che il suo dovere sarebbe di uccidere l’uomo per il quale sua madre ha abbandonato da un giorno all’altro i cinque figli. È una ferita immedicabile, che impedisce di vivere (essere o non essere), figuriamoci di andare a scuola. Il padre lo accompagnava tutti i giorni sotto la scuola, insieme alla sorella, e loro se ne andavano, lui spesso scappava dalla madre, che desidera disperatamente riavere con sé.
15 settembre 1998. Accetta di iscriversi a Chance, partecipa alle feste dei primi due giorni. Il terzo giorno, quando si formano i gruppi «tutoriali», dichiara che non può stare nello stesso gruppo con la sorella (che ha un anno meno di lui e in famiglia svolge il ruolo di madre vicaria). Il quarto giorno porta a scuola un quaderno dove ha scritto la storia della sua vita, spezzata in due dall’abbandono della madre.”
Io sono nato il 14 maggio 1983.
Quando ero piccolo era così bello perché non sapevo proprio niente.
Poi mi sono fatto grande, e ho capito che l’amore di qualcuno fa veramente soffrire.
A 11 anni mia madre ci lasciò tutti noi.
Io sono nato, e poi mi odiano; vorrei morire ma non subire.
Io ora sono geloso di una ragazza perché non la voglio perdere come ho perso mia madre.
Nel 1997, quando andavo alla scuola Monti, a scuola non andavo mai perché andavo a trovare mia madre. Io sono molto arrabbiato perché io non ho la mia mamma; mia sorella è contenta che non c’è la nostra mamma.
Nella stessa mattinata passa all’esterno dell’aula dove sta la sorella e mostra dalla finestra un coltello.”
“Insegnare al principe di Danimarca” - Carla Melazzini - Sellerio
se potessi lo regalerei a Natale..
Mi preparo alla campagna natalizia: “Se potessi, ti regalerei Napoli”, sta andando ancora in giro, è stato ristampato da Rizzoli, sto pianificando le presentazioni del 2025 e c’è qualche altra idea che va avanti. Sono andato per librerie a firmare copie e la cosa mi diverte molto. Se riesco faccio una cosa carina a breve. Se vi piace, consigliatelo, regalatelo, recensitelo.
Questo libro vive di chi lo sta leggendo e passa parola: ha avuto ottima stampa ma molto limitata. Perché di questo posto qui o si parla per i drammi o per lo sport. È difficile far capire a chi deve inquadrare la città che Napoli è tante cose, quasi sempre in contraddizione l’una con l’altra. I lettori lo hanno capito, eccome.
A proposito di libri e di Amica Geniale
Ne parlerò meglio quando sarà uscito, lasciando spiegare all’autrice. Vi basti sapere solo che l’argomento è Nino Sarratore. E che il titolo, geniale, è questo.
23 novembre
L’anno prossimo saranno 45 anni dal terremoto in Irpinia. Mi è venuto in mente che molti hanno ancora questa coperta in casa. È la coperta dell’Esercito (io avevo quella dell’Aeronautica Militare) . Molti ce l’hanno perché il papà ha svolto il servizio di leva. Altri ce l’hanno perché era la coperta delle notti dopo il terremoto del 23 novembre 1980.
La pizza del giorno
Si chiama “Conciaciccia”, è una delle pizze di Diego Vitagliano (a Bagnoli e Santa Lucia): Pomodorini del Piennolo giallo del Vesuvio, ventricina romana piccante Levoni, fiordilatte dei Monti, scaglie di Cacioricotta Cilentano, basilico. Vale la pena.
Eduardo De Filippo se ne andava il 31 ottobre di 40 anni fa. Questo diceva ai ragazzi del carcere minorile “Filangieri” di Napoli, quando fu fatto senatore a vita:
Non fidatevi dell’aiuto degli altri, fate affidamento solo sulle vostre forze, sulla vostra buona volontà. E accontentatevi di qualunque lavoro, anche il più piccolo. Il più umile dei lavori vi può portare al massimo della soddisfazione. Guardate me: alla vostra età mi trovavo quasi nella vostra situazione, eppure adesso sono senatore»
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Ciro è Napoli, con lo sguardo disincantato ma pieno d’amore.
leggerò questo libro per le radici che sono sempre presenti e per la storia odierna di Napoli uguale a ieri.
Il tuo sguardo sui fatti della vita, per me, è sempre sorprendente. I racconti sono fedeli, ma allo stesso tempo, permeati da un’ umanità rara che mi emoziona