È il primo giorno di settembre, «il mese azzurro». Avrei voluto scrivere di altro e diversamente. E invece è l’una di notte e non mi sono mai fermato da stamattina. Sto scrivendo dalle 9.30, è il modo per tenere i pensieri a bada e le brutte notizie arginate fra le dita.
Ah: nei prossimi giorni inizio a spedire le cartoline ;)
Imparare a suonare il corno dice almeno due cose su una persona. La prima è che è un musicista disposto a sacrificarsi. Perché è uno strumento difficile: «una nota sbagliata col corno e uccidi l’esibizione di una orchestra». La seconda è che chi lo suona ha voglia di lavorare con gli altri. Non è proprio uno strumento per solitari, il corno.
Giovanni Battista, nome da martire. L’unico santo di cui si celebra non solo la morte, ma pure la nascita. Giò Giò Cutolo, musicista, ventiquattro anni, è morto perché ha trovato sulla sua strada, di notte, un ragazzo di sedici anni che voleva proprio usarla la pistola che teneva in tasca. L’aveva già usata, ma non fino alla fine. Ora sì, ed è proprio omicidio e per futili motivi. A due passi dall’omicidio girano le puntate di “Mare fuori”. Non c’entra niente. Però c’entra.
Giovanni Cutolo, cornista d’orchestra, studente al Conservatorio e cameriere per necessità, è stato ucciso per un parcheggio di scooter. Un motivo così assurdo che equivale al niente. È stato ucciso e mica al Parco Verde di Caivano. Nossignore: lo hanno ammazzato nel centro della città capoluogo, in piazza Municipio.
Pensate a come sono le giornate di chi scrive.
Arriva la presidente del Consiglio perché al Parco Verde di Caivano, in provincia perché hanno abusato di due ragazzine, cugine.
La notte prima di questa giornata dipinta come cruciale: prende fuoco la Vela Rossa di Scampìa nella zona Nord; sparano al figlio di boss a Pianura, nella zona Ovest; una tarantella di proiettili e un ragazzo accoltellato per una lite all’asta del fantacalcio a Ponticelli, Napoli Est. E in centro città quel che vi ho detto.
Ieri la bussola potevi puntarla su qualsiasi punto cardinale e ne ricevevi storie di sangue.
La frase peggiore l’ho sentita fra alcuni ragazzi a Santa Lucia: «Ci vuole più coraggio a retare che ad andarsene». Mi ha fatto pensare molto ad alcune scelte future.
Mo’ ho capito chi è Giorgia
Di Giorgia Meloni a Caivano vi ho accennato, la storia orribile l’avete sentita. La storia è orribile e pure certi giornalisti lo sono: il sabba indecente intorno alla vicenda, per farla aderire a quella precedente, di Palermo mi ha fatto salire il reflusso.
Qui poi la premier è voluta venire per sfoderare tutto il lessico destrorso di cui era capace. Come in ogni ghetto che si rispetti la gente ha osservato stranita dietro una transenna, non si sapeva chi era la scimmia in gabbia e chi il visitatore allo zoo, tra i residenti del Parco Verde e le istituzioni.
Non si è fatta rivolgere una sola domanda, la cara Giorgia.
Ha fatto il compitino ed è andata via.
Nel frattempo, mentre ‘o governatore De Luca chiede che Caivano diventi uno spin-off di “Tropa de Elite” le piazze di spaccio hanno adottato la tecnica del «calati giunco che passa la piena».
Non mi pare il caso di parlar d’altro, niente link, libri, cose da ridere. Speriamo vada meglio. Lo diciamo sempre.
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Quando leggo di queste storie come il giovane musicista ucciso per futili motivi mi faccio sempre la stessa domanda: io ho scelto di rimanere a Napoli ma sono proprio sicuro di volerci far crescere il mio unico figlio (che tra poco avrà l'età per poter andar in giro da solo)?
Caivano... non vuole fare smettere di parlare dì sè. Padre Maurizio, che urla tutto il suo dissenso, una persona per bene come tante in un luogo di dolore. Ma è più semplice seguire la massa, quello che a certi ragazzini fa più comodo. Perché se vuoi distinguerti e far del bene sei uno sfigato, non c’è posto per te. Solo la cultura può dare la forza di uscire da certi contesti, ma in un luogo in cui lo Stato è assente e attorno ci sono solo palazzi, dove può vedere la differenza un giovane adolescente?