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Dove parliamo del principale prodotto di esportazione italiano
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La settimana scorsa ho dato buca. Mo’ potrei trovare mille scuse: sono andato a letto presto.
E scusate se è poco
Questo albero è caduto a circa venti metri dalla sede della Regione Campania, a un metro e mezzo dalla mia edicola di fiducia e nell’esatto percorso che faccio solitamente: Santa Lucia, Napoli, la zona che va verso il mare.
Un flash. Il giorno che dallo stanzone della cronaca era stato selezionato il mio nome per «andare a vedere» ho visto. E c’era una donna morta con un palo della luce addosso. Era sullo scooter, percorreva il Lungomare.
Quanti metri, quanti secondi prima o dopo sarebbe uscita incolume? Quella storia mi ossessiona ancora, il prossimo saranno 18 anni. Questo per chi dice che i giornalisti non si portano dietro le cose che vedono.
Tornando all’albero di venerdì scorso, non ha fatto male a nessuno ed è stato un caso. Era un albero malato, non si è sdradicato, s’è stracciato alla base come cartone bagnato dalla prima pioggia forte.
Sono passato e ho fatto le foto e il video, è prassi. E mentre riprendevo ho sentito uno che indicava l’amico sorridente, davanti ad un ispettore di polizia: «Ispetto’ , questo ci è andato a finire con le corna dentro e l’ha fatto cadere…». Sipario.
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«Ed attraverso il vetro della finestra grigi pensieri fumiganti ad inseguire il mare, Santa Lucia ristretta nelle spalle, le mani in tasca, ad ascoltare il silenzio del suo silenzio, le raffiche del vento che veniva, e queste foglie ritorte nella strada, dentro l’asfalto.
Dalla strada solitudine graziosamente se ne discende al mare, con gozzi malandati, luci sfrangiate, e navi in lontananza, punta della Campanella, e Capri, la gran massa di Capri distesa a ricordare, estranea alla città come torre indecifrata, vicina sì, quanto vicina, e lontanissima, pure, con storie scolorite d’imperatori e donne, con cargo tremolanti dell’Oriente e dell’Africa, e granaglie, carichi di mais, ferro, sabbia dorata».Nicola Pugliese - "Malacqua, quattro giorni di pioggia nella città di Napoli in attesa che si verifichi un accadimento straordinario.
Natale in casa Cupiello di Vincenzo Salemme
Io recensioni non ne faccio, prima di tutto perché lo strumento è abusato e poi perché spesso non sono recensioni, sono «esperienza d’utente». Per una recensione devi essere più esperto degli altri e non accade spesso.
Quando Vincenzo Salemme ha portato in scena “Natale in casa Cupiello” mi ha fatto umanamente piacere. Sono andato alla prima napoletana, senza che vi ripeto tutto, alla fine un giudizio su ciò che ho visto l’ho espresso.
La commedia di Salemme fa più ridere di quella di Eduardo, io l’ho trovato un modo per dire: guardate, lo so che tanto quella di Eduardo è insuperabile e ricorderete sempre lui, almeno vi faccio ridere un po’ di più. Ha fatto bene.
Livello ansia tremila per l’attrice che faceva Ninuccia e aveva in platea Lina Sastri, la Ninuccia dell’edizione teleteatro 1977.
La cosa più divertente è stata Stefano De Martino.
È venuto e ovviamente quella cinquantina di adolescenti (più gran parte delle ragazze) presenti, è impazzita: cellulari puntati, al termine tutti volevano farsi la foto con lui e con molto stile secondo me lui ha evitato l’effetto primadonna all’evento altrui sgattaiolando via appena finito.
Eduardo è vivo più che mai. Vive nella voce e nella faccia di Lino Musella, uno dei migliori attori italiani, nel Cupiello coi pupazzi messo in scena da quel genio di Luca Saccoia, pure nella memoria che trovate sui gruppi Facebook degli eduardiani. Anziché perdere tempo a massacrarci sulla buonanima di Twitter, preferisco Fb.
Però attenzione: Eduardo ammoniva che non si deve ridere troppo o meglio, senza consapevolezza che in scena ci sono le nostre miserie.
Fatevi un regalo: il teatro. È come una creatura fragile e maltrattata, dobbiamo sostenerlo più di prima. Altrimenti si spegne per sempre.
Perché la corsa al turismo distruggerà tutto
Ma vi sembra il caso? Scaturchio è anche un nome importante nella pasticceria napoletana. A me pare una follia spendersi un nome così per un pezzullo in più sui giornali.
Ormai la battaglia anti-B&b e per far riflettere le persone sulla speculazione immobiliare a Napoli è morta. È in mano a pochi gruppi massimalisti (sempre a sinistra) e a qualche urbanista, architetto, sociologo che distante dal mondo di tutti i giorni come io dalla monetazione bizantina.
Era tutto detto, tutto scritto.
«S'ha da aspetta', Ama'. Ha da passa' 'a nuttata»
Oggettivamente
Avrete forse sentito parlare di Giuliana Florio e delle sue dirette (live) su TikTok. Ventisette anni, laureata in Sociologia a Napoli, cameriera ad Amsterdam. È un modo per far soldi? Sicuramente. Non peggiore di tanti altri. Si presta ad analisi sociologiche? Eccerto: basta cercare e vedere quante maledette articolesse ci sono su lei, su quello che dice e sugli NPC, ovvero i «personaggi non giocanti».
Oggettivamente, senza perderci assai tempo: per me la chiave di tutto è nel dialetto napoletano, ovvero la seconda lingua italiana.
Uno degli autori napoletani più bravi degli ultimi trent’anni, Luca Persico in arte 'O Zulù, (99Posse, Al Mukawama) lo aveva cantato qualche annetto fa con Jovine:
«Na cosa che putesse fà l'italiano
Foss ‘e se ‘mparà a parlà ‘o Napulitano
la lingua più diffusa da Roma a Milano,
il principale prodotto di esportazione italiano».
Vari fatti
Il libro di Vincenzo De Luca letto per voi (è un modo di dire).
Rita De Crescenzo a domicilio pure se sei ai domiciliari (mi ricorda la storia di quando un tizio che conosco era stato arrestato e gli passavano le vivande col paniere, si mobilitò tutto il palazzo per fargli da mangiare).
Ah: l’inchiesta su Tina Rispoli e Tony Colombo, a proposito di persone oggi in galera.
Napoli e lo sguardo di una turista bresciana, la storia è bellissima e pure il pezzo; ci scappa la lacrima.
Bonus track per chi è lontan* da qui