qualcosa dovremo pur dirci, no?
qualcosa dovremo pur dire
(visualizza le immagini, altrimenti ti perdi il bello!)
Io me lo ricordo: era il 2 febbraio e scrivevo la newsletter che avrei mandato l'indomani, dopo un anno di orrore .
Ora guardo la tastiera nera su una scrivania nera, in un contesto nero e non so da dove iniziare.
Siamo dentro una storia incredibile. Ognuno di noi ha delle storie incredibili da raccontare: al lavoro, nei rapporti familiari, le riflessioni intime. Tante storie, troppe storie, sembra il luna park del giornalista (magari il percorso horror). Viviamo una overdose di piccoli racconti, ci appassioniamo ai balconi, alle conferenze stampa della Protezione civile, alle curve, ignoriamo l'intervallo di confidenza e ci passiamo meme di Vincenzo De Luca e previsioni statistiche con la stessa leggerezza. La notizia corre ovunque. Io ho un canale Telegram di circa 2mila persone, non avete idea della quantità di roba che ricevo ogni giorno: dai video di cittadini che bastonano cittadini colpevoli di pisciata abusiva del cane alle analisi di medici non famosi come quelli che stanno tutti i giorni in tv. Ne dovremo parlare, un giorno, di queste cose. Non oggi, però.
Chi 'o ssape chesta storia comme cazzo fernesce, direbbero i 99 Posse di un tempo.
Io evito di raccontare il mio pacchetto di "Storie ai limiti della realtà" perché se ne dico una non ci credete e faccio la fine dei mitomani che sputtano su Twitter (aspe', non la sapete sta storia. Provate a cercare qui, guardate un po' che imbarazzo un signore di mezza età come me).
La pandemia per me significa questo. Da giorni scrivo solo di Coronavirus e la mia giornata è totalmente in funzione del Coronavirus. Non vivo nell'epicentro italiano di questa tragedia e ho ovviamente paura che possa toccare a noi sgarrupati del Sud, diventare il nuovo centro del disastro.
Continuo a uscire due volte al giorno: casa-lavoro-casa. Tranquilli: ho mascherine, guanti, amuchina, visiere, mutanda di lana. Una parte della redazione ha scelto di non andare in smart working, assumendosi un rischio mitigato da regole rigidissime nella routine.
La mia scelta è saldamente motivata. Raccontare dal computer si può se si vuole contemplare la realtà: io di Napoli scrivo e Napoli la devo vedere, l'aggia capì, altrimenti di che cazzo parlo, faccio finta, è una truffa.
Non prendo più metropolitana, non vi sto nemmeno a spiegare come ho cambiato il modo di arrivare fisicamente in redazione.
Questa foto l'ha scattata un collega professionista di Lapresse, qualche giorno dopo me l'ha detto e boh, non mi sentivo io. No ma non sembro io. Sono io ma non sembro io (marò quanti capelli bianchi).
Ho appurato non molto tempo fa cosa succede quando la malattia aggredisce i polmoni e mozza il respiro. Saturimetro, pressione, intubazione, respiratori, finestre orarie, sale intensive: ho una una esperienza così fresca di tutto ciò e una totale sfiducia nel sistema sanitario della mia regione (ho detto sistema, le persone le valuto una ad una) che quando è iniziata la pandemia mi sono sentito scuoiato e infilato in una vasca d'acqua ossigenata.
Non sono nell'epicentro del dramma: c'è in Italia chi si sta piangendo parenti e amici e non farò l'errore di lamentarmi. Però questo è.
Oscillo tra l'andrà tutto bene e il pessimismo della ragione che si palesa sotto forma di grafici e proiezioni. Consiglio gratis: non ascoltate i medici che vanno ogni giorno in tv. Non ascoltate quelli che hanno i farmaci per ogni cosa.
Qualche giorno fa, al Vomero, erano le sei del pomeriggio e pareva notte, ho iniziato a cantare questa canzone di Eduardo De Crescenzo a squarciagola per farmi compania: ero completamente solo mmiez 'a via.
Una voce bella non ce l'ho: penso che qualcuno mi avrà bestemmiato tipo Eddie Murphy nel Principe cerca moglie quando canta "To Be Loved" in piena notte nel Queens.
Che vi devo dire: grazie al maestro ho imparato a disegnare le balene e disegnerò solo balene (mi ricordano Giona che ci visse, Achab che gli diede la caccia ed Enzo Baldoni che le amava)
— makkox (@makkox) March 29, 2020
Ogni tanto vado dietro alla telecamera: sono stato per anni terrorizzato dal mezzo e piano piano sto familiarizzando pure se non sono il massimo e sono ancora nervoso.
Vogliamo parlare di Elezioni Regionali? E che diciamo? Vincenzo De Luca ha subito una trasformazione a 70 anni: beniamino delle folle, perfino Naomi Campbell. È tutto sovvertito.
Dai, facciamo una cosa: questa newsletter era per mettere il punto, per chiedervi se va tutto bene, se voi e le vostre famiglie state bene. Per il resto aggiorniamoci tra qualche giorno. Se la quarantena vi scoccia scrivetemi. Io lavoro però non vi preoccupate. Se vi servono foto del mare di Napoli chiedetemele che le faccio !
un abbraccio a tutti , vi lascio una poesia di Mario Benedetti, morto di Coronavirus qualche giorno fa in Lombardia.
Che cos’è la solitudine.
Ho portato con me delle vecchie cose per guardare gli alberi:
un inverno, le poche foglie sui rami, una panchina vuota.
Ho freddo, ma come se non fossi io.
Ho portato un libro, mi dico di essermi pensato in un libro
come un uomo con un libro, ingenuamente.
Pareva un giorno lontano oggi, pensoso.
Mi pareva che tutti avessero visto il parco nei quadri,
il Natale nei racconti,
le stampe su questo parco come un suo spessore.
Che cos’è la solitudine.
La donna ha disteso la coperta sul pavimento per non sporcare,
si è distesa prendendo le forbici per colpirsi nel petto,
un martello perché non ne aveva la forza, un’oscenità grande.
L’ho letto in un foglio di giornale.
Scusatemi tutti.